La Giostra primo racconto ? il punto di raccordo, chiave di volta del libro e trait d'union fra i tre racconti. E' la storia di quattro amici Anna, Francesca, Michele e Fabio che si snoda in un arco temporale che va dai giorni spensierati della scuola e della maturit? con le loro ansie e preoccupazioni, ai momenti pi? trofici ed impegnativi della vita vera e propria, quella in cui si ? attori e protagonisti in toto della propria esistenza, quella in cui non ci ? pi? possibile sbagliare, quella in cui il pi? delle volte ci mette di fronte all'amara realt?, alle cadute abissali agli ingorghi dai quali ci ? difficile e a volte impossibile venir fuori e che come pazienti sabbie mobili finiscono per inghiottirci inesorabilmente non lasciando di noi neppure quel poco di buono che c'?. Ma ? anche la vita dell'impegno per evitare tutto questo, un impegno quasi ipnotico, che si concentra, che non dimentica, che aggrega e che come una solida fune invisibile riesce infine nel suo intento: strappare all'inevitabile un destino e restituirlo alla vita per un altro giro di giostra. Uno strano primo maggio il secondo racconto, seguendo una trama semplice ma originale, questo racconto rappresenta il passaggio ideale di un testimone da parte di chi ? stato testimone, il sor Cesare, a chi dovr? esserlo, Vanessa e Massimiliano alla luce della razionalit?, della maturit? e della presa di coscienza. Ponendo la sua attenzione su problemi troppo spesso ignorati quali l'indifferenza, la noia, la mancanza di ideali, le rabbie che scavano solchi incolmabili tra gli affetti in modo irreversibile, l'autore tende a creare una sorta di nucleo fondatore di valori universali "Regressus ad uterum restitutio ad integrum ". Questo racconto ? un vero e proprio viaggio iniziatico dei due giovani che tutti compresi nel loro io ferito ed egoista vi si abbandonano fino a calpestare e a mortificare tutto e tutti finanche se stessi, entrambi ineluttabilmente, prepotentemente ed aggressivamente alla ricerca delle rispettive identit?. Terra bruciata, il terzo dei racconti del libro, ci immerge nella mitica realt? del sud riconoscibile non tanto per le coordinate geografiche quanto piuttosto per l'aria di abbandono e di desolazione che sembra avvolgere la citt? di Cosenza arroccata in modo altero ed orgoglioso sulle proprie vestige e bellezze antiche ormai da tempo, troppo, abbandonate . Si respira subito a mio avviso quell'atmosfera propria di quei racconti di Verga che fanno parte del cosi detto "ciclo dei vinti" personaggi densi di dignit? e di disperazione che un giorno dopo l'altro portano avanti le proprie vite e che si battono strenuamente per uscire da un isolamento marcato al tempo stesso da una cultura antica e da un provincialismo retrivo e avvilente, dalla sublime bellezza del luogo e contemporaneamente dall'abbandono politico e demografico dall'esigenza di emergere in un modo o nell'altro, emigrando o piegandosi ad un destino incerto dove giorno dopo giorno bisogna inventarsi il proprio sostentamento, il proprio futuro sempre pi? precario.
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