Nel fervido contesto sociale dell'Italia postunitaria, le fratellanze artigiane rappresentarono un'espressione peculiare e poliedrica del mutualismo popolare. Emergendo dalle profonde radici delle tradizioni corporative premoderne e filtrate attraverso l'ideale patriottico del Risorgimento, si presentarono come aggregazioni di mestiere, ma anche come sodalizi educativi, morali e politici. Il loro ruolo, tutt'altro che marginale, fu decisivo nella costruzione di una coscienza civica diffusa e nella promozione della coesione sociale in un'Italia ancora priva di strutture assistenziali statali. Le origini delle fratellanze artigiane vanno ricercate nella stratificazione delle antiche arti medievali e rinascimentali, svuotate del loro potere durante l'età napoleonica e poi marginalizzate sotto le monarchie restauratrici. Dopo l'Unità d'Italia, il ritorno di uno spirito corporativo si fuse con le esigenze del nuovo ceto medio urbano, composto da artigiani, operai specializzati e piccoli maestri del lavoro manuale. Nacquero così, in molte città, associazioni autonome come la Fratellanza Artigiana d'Italia (fondata nel 1861 a Firenze), con un obiettivo triplice: assistere, educare ed elevare.
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